Finalmente ci siamo! Nasce il “Sindacato dei Militari”

Finalmente ci siamo! Nasce il “Sindacato dei Militari”. I vertici della difesa se ne facciano una ragione e si rendano immediatamente collaborativi e disponibili al confronto sui principali temi di interesse della categoria.

Domani, sabato 6 ottobre, a Roma, via di Torre Argentina n. 76 , 3° piano, dalle ore 10.00 alle 13.00, si svolgerà la riunione per la costituzione del “Sindacato dei Militari”. Leggi tutto “Finalmente ci siamo! Nasce il “Sindacato dei Militari””

Governo, Comellini (Pdm): salvate la capitana Trenta dall’assedio della casta dei generali

Il vice premier Di Maio intervenga immediatamente per salvare la capitana Elisabetta Trenta dall’assedio della casta dei generali e delle industrie belliche.

La ministra Trenta fin dal giorno del suo insediamento a Palazzo Baracchini non ha fatto altro che soddisfare le richieste dei vertici militari della Difesa smentendo così tutte le battaglie che i parlamentari del Movimento 5 stelle avevano fatto nel corso della precedente legislatura. Dai soldi distribuiti a pioggia alle associazioni combattentistiche e d’arma al mantenimento dei privilegi dei componenti i Consigli centrali della rappresentanza militare (cocer) per arrivare al mantenimento integrale del programma F35 e del beneficio del l’ausiliaria e i cappellani militari. 

La Trenta, in poco più di tre mesi da ministra, per eseguire gli ordini dei generali e ammiragli che l’assediano e soddisfarne la sete di soldi e potere, ha già confermato spese inutili per alcuni miliardi di euro. Soldi dei contribuenti che il suo capo Di Maio, fin dal 2015, avrebbe voluto utilizzare per realizzare l’ambizioso programma del cambiamento nel quale spiccava prepotentemente il reddito di cittadinanza.
Come se ciò non bastasse ora, col mantenimento dell’ausiliaria, oltre a spendere circa 400 milioni all’anno, toglierà ai giovani migliaia di posti di lavoro facendoli occupare da vecchi generali e colonnelli in pensione.
Se Di Maio non è capace di fermare l’assedio alla Trenta e quindi gli sprechi di denaro allora lo faccia Salvini.

Sui diritti sindacali dei militari il M5S ha le idee poco chiare oppure risponde ai desiderata dei vertici militari

Oggi il M5S ha diffuso un comunicato sulla questione dell’incostituzionalità del divieto per i militari di costituire associazioni di categoria a carattere sindacale che si conclude inaspettatamente con questa frase: «Ci auguriamo che si possa aprire quanto prima un dibattito parlamentare in grado di riprendere in mano l’iter che si era miseramente arenato nella scorsa legislatura e che si possa approvare la riforma della rappresentanza militare attesa da oltre vent’anni dal comparto». Leggi tutto “Sui diritti sindacali dei militari il M5S ha le idee poco chiare oppure risponde ai desiderata dei vertici militari”

DIFESA, PDM: FINALMENTE SONO UNA REALTA’ I DIRITTI SINDACALI TANTO TEMUTI DAI GENERALI E DAI SATRAPI DEL COCER

Finalmente i militari potranno esercitare i diritti sindacali e costituire le proprie associazioni di categoria al pari del personale delle forze di polizia.
Dopo anni di incessanti battaglie nelle aule parlamentari durante i quali ci siamo scontrati con servi e servitori dei generali, satrapi di ogni specie e pietitori di proroghe, professionisti della forfettaria (indennità di missione riservata ai soli delegati del Cocer), rivolgiamo un sentito ringraziamento ai Giudici della Corte che finalmente hanno cancellato quel perverso divieto che fino ad oggi ha costretto i più fedeli servitori della Patria nella condizione di minus habentes.
Un sentito ringraziamento va anche a quei militari che hanno portato avanti la loro battaglia di giustizia e legalità nelle sedi giurisdizionali e fino al cospetto della Consulta.
Ora i cittadini in divisa facciano un saggio uso di questo loro nuovo diritto a cominciare dal diffidare di tutti quei delegati della Rappresentanza militare che in questo ultimo decennio li hanno più volte calpestati svendendone i diritti, le carriere e la dignità economica per compiacere i vertici militari e la Ministra della difesa Roberta Pinotti che come esponente di un sedicente partito democratico ha fatto del suo meglio per negare e sopprimere ogni forma di dissenso o aspirazione sindacale.
Adesso la parola passa al legislatore a cui siamo pronti a dare la nostra chiarissima proposta di legge affinché anche per i militari valgano le regole che fin dal 1981 disciplinano le attività sindacali per il personale della Polizia di Stato.
Per concludere un affettuoso pensiero lo rivolgiamo ai tanti ex forestali e all’Associazione Unforced che nell’Arma dei carabinieri, nella quale sono stati costretti da una scellerata riforma, ora avranno il compito e il privilegio di insegnare i diritti e garantire ogni possibile forma di tutela sindacale ai loro colleghi dell’Arma che fino ad oggi sono stati alla merce del Cocer.

Lo dichiarano Luca Marco Comellini , Segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (PDM) e Maurizio Turco, già deputato, membro della presidenza del Partito Radicale.

Facciamo chiarezza sulle “acque di bordo”: Il re è nudo.

In merito alla questione delle acque destinate al consumo umano a bordo della Nave Magnaghi l’ammiraglio Marzano ha fatto del suo meglio per dare la sua versione dei fatti. Versione che a mio avviso non solo è sicuramente incompleta ma è anche assolutamente carente dal punto di vista dell’interesse alla tutela offerta nel tempo (dal 2001 ad oggi) agli equipaggi che lo stesso alto ufficiale ha definito una priorità della forza armata. E la situazione sulle altre navi quale è? Leggi tutto “Facciamo chiarezza sulle “acque di bordo”: Il re è nudo.”

Aeronautica militare, Comellini (Pdm): Piena soddisfazione per assoluzione ex Capo stato maggiore Preziosa

Non mi ha assolutamente sorpreso la sentenza di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” pronunciata lo scorso lunedì 26 marzo dal Tribunale militare di Roma nei confronti del generale Pasquale Preziosa, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare, del generale Gianpaolo Miniscalco e del colonnello Antonio Di Lella. La teoria del complotto ai danni dell’altro generale della stessa forza armata, Carlo Magrassi, all’epoca dei fatti consigliere militare di Renzi e ora Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, si è rivelata priva di ogni fondamento. Fin dall’inizio di questa triste vicenda sono sempre stato convinto dell’assoluta correttezza dell’azione di comando del generale Preziosa che nulla aveva fatto se non il proprio dovere.
Preziosa è stato la vittima eccellente di un sistema politico malato capace di manipolare fatti e persone e di piegare ai propri interessi e scopi la verità e la legge fino al punto di indurre in errore anche i componenti della Procura militare di Roma la cui competenza e ed esperienza sono ben noti.
Coloro che come me hanno avuto modo di seguire l’intero processo, durato quasi due anni, hanno potuto apprezzare il grande lavoro svolto dal Tribunale Militare di Roma, nell’occasione presieduto dal Giudice Elisabetta Tizzani, che con estrema perizia e competenza ha saputo condurre e portare a termine il difficile processo e ristabilire quella verità, il fatto non sussiste, che forse era già nota a tutti fin dalle prime udienze e che poi ha trovato ampie conferme nelle deposizioni di alcuni testimoni richiesti dalla Procura.
Adesso, alla luce di questa sentenza di piena assoluzione, sarà interessante capire gli sviluppi che potrebbero esserci nei prossimi mesi. Il generale Pasquale Preziosa sarà mio graditissimo ospite giovedì 29 marzo a Radio Radicale nell’ambito della trasmissione Cittadini in divisa che andrà in onda lunedì 2 aprile alle ore 23.00.

Donne attenzione: nell’Arma alle vittime di molestie è vietato parlare

Lo scorso 10 marzo nell’ambito della trasmissione di Rai 3, Presa Diretta condotta da Roberto Iacona, è stato trasmesso un servizio di Giulia Bosetti sul caso della carabiniera Angela Aparecida Rizzo, costituitasi parte civile nel processo contro Luigi Ruggiero, maresciallo A.s.UPS CC per il reato di minaccia ad inferiore aggravata e continuata. Lo scorso 12 dicembre al termine dell’udienza dibattimentale nel corso della quale i testimoni hanno confermato le particolari attenzioni e molestie subite dalla Rizzo, assistita dagli Avvocati Giorgio Carta e Maria Laura Perrone, la Corte Militare di Appello di Roma ha confermato la condanna a nove mesi di reclusione nei confronti dell’imputato Ruggiero, oltre al pagamento delle spese processuali e del risarcimento alla parte civile.
A margine dell’udienza processuale ripresa dalla telecamere di “Presa Diretta” Angela Rizzo aveva poi rilasciato alcune dichiarazioni sulla vicenda processuale. Per quell’intervista nei giorni scorsi, l’Arma dei Carabinieri ha avviato nei confronti della carabiniera Angela Aparecida Rizzo un procedimento disciplinare per l’irrogazione di una sanzione disciplinare diversa dalla consegna di rigore.
L’azione disciplinare che l”Arma dei carabinieri ha voluto avviare nei confronti della carabiniera Rizzo è un pessimo segnale per tutte le donne delle forze armate.
Sottoporre la vittima di molestie ad un procedimento disciplinare appare chiaramente come uno squallido sistema monito per richiamare all’ordine del silenzio non solo la Rizzo ma anche tutte le altre donne che quotidianamente nel chiuso delle caserme sono vittime di aggressioni a sfondo sessuale da parte di colleghi e superiori di grado. Angela ha avuto il coraggio di denunciare pubblicamente le molestie subite ma l’Arma, invece di affrontare il problema per garantirgli maggiori tutele, ha ben pensato di procedere disciplinarmente ritenendola colpevole di non aver chiesto l’autorizzazione e di aver leso il prestigio della Benemerita. La carabiniera Rizzo non è né la prima né sarà l’ultima e per quanto ci riguarda oggi più di ieri ci impegneremo a dare la massima assistenza a tutte le donne militari che decideranno di reagire alle prevaricazioni e alle intimidazioni e alle molestie che sono costrette a subire nei luoghi di lavoro. Il caso di Angela solleva anche un secondo problema. Infatti il codice penale militare di pace (c.p.m.p.), nonostante le donne siano nelle forze armate fin dal 2000, non prevede come reato le molestie o la violenza sessuale e quindi, semmai, come avvenuto nel caso della carabiniera Rizzo, l’imputato viene generalmente giudicato e condannato per reati come la minaccia o l’ingiuria che prevedono pene irrisorie rispetto a quelle previste in caso di condanna per violenza o molestie sessuali. Colgo quindi l’occasione per rivolgermi all’Associazione Nazionale Magistrati Militari e al suo Presidente dr. Gabriele Casalena, affinché valuti la possibilità di realizzare iniziative comuni al fine di sollecitare il legislatore a dare vita a quella riforma della giustizia militare e dei codici che ormai appare sempre più irrinunciabile.

Acqua di bordo destinata all’uso umano: ferma Nave Magnaghi, dubbi anche sulle unità navali dell’Arsenale di Taranto

Perché il vertice della Marina militare ancora non ha reso pubblici i risultati delle analisi delle acque destinate al consumo umano utilizzate a bordo delle navi della sua flotta?
Il personale imbarcato ha, o non ha, il diritto di sapere se l’acqua che ha bevuto ed utilizzato lavarsi e per cucinare è conforme o meno alle prescrizioni stabilite dal decreto legislativo 31/2001?
Come già avvenuto in passato, anche questa volta verrà avviata la solita caccia alle streghe per scovare un colpevole e quindi poterlo processare nella convinzione che punirne uno per educarne altri cento al silenzio e all’omertà sia il solo metodo per mettere a tacere l’opinione pubblica e la crescente preoccupazione tra il personale, oppure si provvederà alla completa e sicuramente più opportuna verifica delle acque di bordo destinate al consumo umano e quindi alla successiva bonifica di tutte le navi che compongono la flotta della forza armata?
Si procederà finalmente a dare ai comandanti delle unità navali le immediate disposizioni affinché, nella loro veste di datore di lavoro, provvedano ad assolvere gli obblighi di aggiornamento dei documenti di valutazione del rischio e di corretta informazione derivanti dal decreto legislativo 81/2008 anche attraverso la pubblicazione dei risultati delle analisi delle acque destinate al consumo umano oppure continueranno a dispensare al personale imbarcato gli ammonimenti sulle consegne del silenzio e sull’esistenza delle procure militari così come avviene ancora oggi?
Sono queste le domande che rivolgo al Capo di stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Valter Girardelli, perché oggi, ancora più di ieri, ritengo inaccettabile che gli oltre 30mila uomini e donne della forza armata non possano avere la certezza che sia stata fatta e si stia facendo ogni possibile azione per garantire la massima tutela della loro salute e della loro sicurezza sul luogo di lavoro.
Sono pienamente convinto che l’ammiraglio Girardelli, in quanto capo della Marina militare, abbia il dovere, se non quello giuridico sicuramente quello morale, di rassicurare coi fatti e non con le parole gli uomini e le donne che quotidianamente garantiscono la sicurezza nei nostri mari e ciò, al momento, può essere fatto solo con l’immediata pubblicazione dei risultati delle analisi effettuate sulle acque destinate al consumo umano a bordo di tutte le navi della forza armata.
All’ammiraglio Girardelli, sicuramente è noto il caso della Nave Magnaghi, già salita all’onore delle cronache nel 2016 quando la missione che l’avrebbe dovuta condurre ad operare davanti alle coste del Libano fu improvvisamente annullata a causa della non conformità all’uso umano delle acque di bordo. Bene, in questi gironi l’attività della medesima nave è stata nuovamente annullata e sempre per lo stesso problema. La notizia mi conforta. Ben vengano queste decisioni per tutelare la salute del personale imbarcato.

Il problema che affligge, talvolta anche in modo cronico, le navi della Marina militare è ormai di dominio pubblico. Le rassicuranti dichiarazioni sulla salubrità dell’acqua di brodo che tutti abbiamo potuto leggere nei comunicati ufficiali della forza armata si sono infrante contro con l’innegabile realtà dei fatti. Nel solo Arsenale di La Spezia le navi Margottini, Fasan, Rizzo, Alghero, Grecale, Elettra e chissà quante altre hanno avuto, o hanno ancora, problemi di conformità all’uso umano delle acque utilizzate a bordo dagli equipaggi. Tuttavia, il fatto che dal primo di marzo scorso il laboratorio analisi presso il DMML spezzino, contrariamente a quanto avveniva in passato, non formula più i giudizi di idoneità sulle acque di bordo, se per un verso non mi stupisce, ma del resto come avrebbe potuto superare l’atavica inadeguatezza alle vigenti norme e l’assenza delle previste certificazioni, dall’altro mi conforta e mi porta a credere che finalmente la forza armata abbia deciso di affidare l’esecuzione dei controlli di laboratorio alle istituzioni sanitarie, competenti, accreditate e certificate.
I problemi di conformità delle acque di bordo che affliggono le navi dell’arsenale di La Spezia sicuramente angosciano anche quelle che fanno base presso gli arsenali di Taranto e di Augusta. A Taranto, solo per fare un esempio, mi risulta che le analisi siano effettuate dal laboratorio dell’Ospedale militare della forza armata che, tuttavia, non solo risulta sprovvisto delle necessarie certificazioni ma che, inoltre, opererebbe secondo le previsioni della direttiva emanata nel 2010 dalla locale Direzione di sanità e non, invece, secondo quanto disposto dalla recente disposizione del Comando della Squadra Navale (CINCNAV), datata 12 luglio 2016, che da puntuale applicazione ai decreti legislativi 31/2001 e 81/2008.
Comprendo che per una organizzazione militare complessa come lo è la Marina può essere difficile recuperare 17 anni di mancanze e ritardi ma ciò non esclude precise responsabilità nell’applicazione delle vigenti disposizioni di legge. Per questo motivo oggi, ancor più di ieri, ritengo sia doveroso da parte dell’ammiraglio Girardelli fare immediata chiarezza sullo stato delle acque destinate al consumo umano e rendere pubblici i risultati delle analisi effettuate a bordo di tutte le navi della forza armata, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 31/2001 ad oggi e ciò, al di là delle belle parole di convenienza, per rassicurare in modo certo e concreto il personale e i loro familiari. In mancanza di tali chiarimenti nei prossimi giorni darò mandato all’Avvocato Giorgio Carta per porre in essere ogni azione che riterrà utile per tutelare la salute del personale della forza armata.

(foto:www.marina.difesa.it)

Marina Militare, Comellini (Pdm): sulla questione acque di bordo non “facite ammuina”

“Prendo atto delle dichiarazioni del comandante della Nave Margottini (attualmente impegnata nelle operazioni antipirateria e di propaganda del “sistema Italia”) pubblicate oggi dal quotidiano La Nazione. Al riguardo devo rilevare come queste non chiariscono né chi abbia fatto i controlli, come e quando, né se la nave sia salpata prima o dopo aver fatto le ulteriori verifiche. È solo il caso di ricordare che l’impossibilità dei laboratori analisi della forza armata di effettuare gli accertamenti per determinare la completa conformità all’uso umano delle acque di bordo, secondo le prescrizioni del decreto legislativo 31/2001, è ormai un fatto dimostrato oltre ogni legittimo dubbio dalle annotazioni contenute nelle comunicazioni scambiate tra i predetti laboratori e le unità navali. Se dette analisi non le possono fare i laboratori della forza armata figuriamoci quanto ciò, a maggior ragione, sia irrealizzabile a bordo della nave in navigazione nell’Oceano Indiano.
Comprendo come l’indisponibilità di fondi sui capitoli di spesa spesso renda impossibile far effettuare le analisi in argomento presso strutture esterne alla forza armata e che, in caso di risultati di “non conformità all’uso umano”, le indispensabili operazioni di bonifica e sanificazione degli impianti e delle linee di distribuzione delle acque possono incidere in maniera determinate sull’operatività delle unità navali e sulle aspettative del vertice militare. Operazioni talvolta complesse che richiedono necessariamente l’evacuazione dell’intero equipaggio, come sembra sia avvenuto recentemente sul cacciamine Alghero.
Comprendo anche la necessità del comandante della Margottini di rassicurare gli uomini e donne che in questi giorni, insieme a lui, hanno scoperto l’esistenza di un rischio per la loro salute che forse fino ad oggi nessuno gli aveva rappresentato. Tuttavia voglio ricordare che già in passato alcune dichiarazioni rese alla stampa, secondo le indicazioni e la logica del “va tutto bene, siamo bravi siamo belli” che tanto piace al vertice militare, si sono poi rivelate non vere. Basta, solo per fare un esempio, ricordare il caso di Nave Caio Duilio, Nave Grecale, Nave Elettra o, ancora Nave Magnaghi e da ultimo la Fremm Rizzo sulla quale, mi risulta, oltre alla presenza di legionella nel “locale forno”, anche il rilevamento di anomali valori di trialometani che hanno reso necessaria una verifica dell’impianto a cura della ditta costruttrice.
A questo punto vorrei sapere dal comandante della Nave Margottini come riuscirà, nel bel mezzo dell’Oceano Indiano mentre è impegnato nella caccia ai pirati, a far effettuare i controlli trimestrali sulle acque di bordo previsti dal “protocollo di routine” più o meno il 6 maggio p.v., o quelli eventuali di ulteriore verifica? E poi, caro comandante, se è cosi certo che l’acqua a bordo della sua Nave è “sicura”, mi spiega per quale ragione al suo equipaggio, ma anche a quelli delle altre unità navali, viene data da bere acqua imbottigliata?
Come ho già detto, quando si tratta di argomenti così importanti come lo è la salute degli uomini e donne della Marina militare, occorre dimostrare coi fatti ciò che si sostiene e non mi sembra che alle belle e rassicuranti parole di questi giorni sia seguita la pubblicazione di tutte le analisi effettuate secondo le disposizioni di legge, dal 2001 fino ad oggi, su tutte le unità navali della forza armata.
Comprendo anche la difficoltà del vertice militare nel dover ammettere che il problema è stato sottovalutato o che si è preferito confidare nell’ordine del silenzio imposto al personale, affinché la questione restasse confinata all’interno della compagine militare. Siccome non siamo più all’epoca del “facite ammuina” allora, mi permetto, anzi mi sento in dovere, visto che sembra che l’ordine del giorno di oggi prevede la ricerca dei miei improbabili informatori piuttosto che la soluzione del problema, di suggerire a tutti i comandanti delle unità navali della Marina militare di agire secondo il buon senso del “padre di famiglia” con la consapevolezza delle loro responsabilità in qualità di “datore di lavoro”, in conformità alle chiarissime disposizioni del decreto legislativo 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e, quindi, delle informazioni sui rischi che necessariamente devono essere date al personale, nel modo più completo possibile, anche attraverso la pubblicazione dei risultati delle analisi effettuate sulle acque di bordo destinate all’uso umano, sia al momento della partenza sia nei successivi controlli effettuati nei modi e nei tempi previsti dalle vigenti normative.
Garantire il diritto alla salute è dovere di ogni datore di lavoro e quindi anche di ogni buon comandante. O sbaglio?
Chiunque vorrà comunicarmi problemi inerenti la questione delle acque destinate all’uso umano a bordo delle unità navali della Marina militare, può scrivermi all’indirizzo di posta elettronica info@partitodirittimilitari.it oppure cittadiniindivisa@radioradicale.it.”

(foto: www.marina.difesa.it)