Cappellani militari, Comellini (PDM): dopo la ratifica dell’intesa tra Stato e Chiesa per evitare tagli agli stipendi chiedono di attendere emanazione di norme esplicative? Il ministro Guerini vigili sull’immediata applicazione della legge oppure interesserò le autorità giudiziarie competenti

Nel marzo 2015, sull’onda di una insistente pressione mediatica, l’allora direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, annunciò l’istituzione di una Commissione mista paritetica tra Santa Sede e Stato italiano per stipulare quell’intesa prevista già nel 1984 dall’Atto aggiuntivo al Concordato del 1929 e mai stipulata fra le parti. Tra i membri della Commissione figuravano esponenti di spicco dell’Ordinariato Militare. Leggi tutto “Cappellani militari, Comellini (PDM): dopo la ratifica dell’intesa tra Stato e Chiesa per evitare tagli agli stipendi chiedono di attendere emanazione di norme esplicative? Il ministro Guerini vigili sull’immediata applicazione della legge oppure interesserò le autorità giudiziarie competenti”

Francesco, pecunia non olet?

E alla fine i “preti-soldato” si sono tenuti gradi e soldi, alla faccia di Papa Francesco e di quanti credono ancora nell’esistenza di uno Stato laico e autonomo rispetto al potere ecclesiastico.

Ne è passato di tempo da quando i parlamentari radicali rivendicando la laicità dello Stato ne chiedevano la cancellazione dall’ordinamento militare o quantomeno di porre i costi degli esagerati stipendi e pensioni a carico della Chiesa. E poi ancora i grillini della prima ora che li volevano fuori dalle caserme; i servizi televisivi della “iena” Pelazza e le pubbliche promesse dell’Ordinario militare e del suo vice di rinunciare ai gradi e ai soldi.

Eppure, lo scorso 14 aprile l’Aula della Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge di Ratifica dello Scambio di lettere tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze armate, fatto a Roma e nella Città del Vaticano il 13 febbraio 2018.
L’intesa – segretissima fino a qualche mese fa – oggetto di ratifica volta ad aggiornare la disciplina concernente l’assistenza spirituale alle Forze armate e lo status dei cappellani militari ha permesso ai “preti-soldato” di mantenere il grado gerarchico e il relativo trattamento economico alla faccia di tutti quelli, Papa Francesco in testa, che pensano che l’essere preti significhi essere «servitori, non arrampicatori né imprenditori».
Le nuove regole lasciano ai cappellani i gradi militari col relativo stipendio di base da ufficiale secondo il grado di assimilazione a cui si aggiungono l’indennità integrativa speciale, l’indennità mensile di impiego operativo di base e, qualora disposte dalle competenti autorità, l’indennità di missione e l’indennità di imbarco. Inoltre, i cappellani militari non saranno più soggetti al Codice e alla disciplina militare, né alla giurisdizione penale militare se non in caso di mobilitazione totale o parziale o di servizio all’estero.
Tra le tante “supercazzole” che fanno dell’intesa la conferma del gattopardiano motto “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” vi è quella che riguarda il grado dell’Ordinario militare che non sarà più assimilato al grado di generale di corpo d’armata ma a quello di tenente generale. Ovviamente non è una rinuncia a qualche beneficio (non sia mai, Sic!) visto che i due gradi sono perfettamente corrispondenti: è solo una questione lessicale.
Ovviamente – e questa non è una questione lessicale – il peso economico degli stipendi dei 162 preti-soldato e delle loro pensioni resta a completo carico dei contribuenti (non sia mai che la Chiesa si accolli la spesa. Sic !)
E pensare che solo lo scorso 25 aprile Papa Francesco, nell’ordinare alcuni nuovi sacerdoti, ha raccomandato di stare «lontani dai soldi», di essere «poveri che amano i poveri». Di allontanarsi «dalla vanità».

Suvvia Francesco … in fin dei conti lo sai anche tu che “pecunia non olet”.

Cappellani militari, Comellini (pdm): 9.410.272 euro di spesa nel 2019 sono reali, il taglio sbandierato dalla Trenta è la fake news.

L’intesa sulla questione dei cappellani militari stipulata dal precedente governo Gentiloni e i rappresentanti della Chiesa dovrà essere sottoposta al vaglio del Parlamento quindi oggi la sola cosa certa sono i numeri della legge di bilancio che escludono categoricamente una riduzione rispetto al passato. Già da alcuni anni – ma la ministra sembra non saperlo – il numero dei cappellani militari è stato ridotto rispetto ai 204 previsti dalle “tabelle ordinative organiche”. Tuttavia la spesa per il pagamento degli stipendi dei preti soldato è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al passato. Tra le ragioni di questa sostanziale costanza di spesa vanno considerati gli effetti dei provvedimenti del riordino delle carriere hanno determinato consistenti aumenti degli stipendi dei cappellani militari che, va ricordato, sono assimilati al rango di ufficiale delle forze armate, ne indossano i gradi da ufficiale/dirigente e ne percepiscono il relativo trattamento economico e accessorio tra cui gli straordinari (per dire la messa) e le indennità di missione, aeronavigazione e finanche, in alcuni casi, l’indennità di aviolancio e sede disagiata (per citarne alcune).
L’intesa stipulata, tanto sbandierata come svolta epocale garantisce alla casta dei preti-soldato il mantenimento di inaccettabili privilegi e si pone in netto contrasto con quella sicuramente molto meno onerosa per le casse dello Stato prevista dal D.P.R. n° 421 del 27 ottobre 1999 che recepisce l’intesa, anche questa prevista dal Concordato del 1984, che regola il servizio di assistenza spirituale dei cappellani della Polizia di Stato.
I numeri riportati nero su bianco nelle “Tabelle” allegate alla Legge di bilancio per il 2019 parlano chiaro: i cappellani militari costeranno ai contribuenti 9.410.272 euro. Quindi, a conti fatti, l’unica “fake news” è l’annunciato risparmio che qualche buontempone ha voluto suggerire alla Ministra Trenta.
Alla Ministra consiglio una attenta lettura degli atti parlamentari della XVI Legislatura. Da quando nel 2010, dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 66/2010 e d.P.R. 90/2010, chiesi ai parlamentare Radicale Maurizio Turco di portare all’attenzione del Parlamento la questione dei cappellani militari e dell’intesa mancante ma prevista espressamente dal Concordato del 1984, gli stipendi dei preti con le stellette ci sono costati circa 80 milioni di euro. A questa somma vanno aggiunti i rilevanti costi di mantenimento e funzionamento degli uffici e strutture della “diocesi dell’Ordinariato militare d’Italia” e delle pensioni dorate dei generali-preti.
La semplice domanda che si deve porre la ministra Trenta, ma anche il suo capo Di Maio, partendo dal principio che lo Stato è laico, è: a cosa servono realmente i cappellani militari quando vicino ad ogni caserma sorge una chiesa con il suo parroco stipendiato dal Vaticano? Se dobbiamo continuare a mantenere i cappellani militari per dare assistenza spirituale al personale delle forze armate di religione cattolica allora devono poter avere la medesima assistenza spirituale quelli di fede ebraica o mussulmana o di qualsiasi altra religione.

 

Cappellani militari : nel 2019 spenderemo quasi 10 milioni di euro. Che fine ha fatto l’Intesa tra Stato e Chiesa?

Nella legge di bilancio anche per il 2019 spuntano fuori la bellezza di 9.410.272 euri destinati a pagare gli stipendi dei 166 cappellani militari. Al grido di “onestà onestà” dopo “TAP”, “TAV”, “ILVA”, “F35”e “Prescrizione”, anche un’altra battaglia dei parlamentari grillini della prima ora – quelli della XVII legislatura – per eliminare dal bilancio dello Stato i costi dei cappellani militari e farli pagare alla Chiesa, è finita nel cestino della carta straccia.  Leggi tutto “Cappellani militari : nel 2019 spenderemo quasi 10 milioni di euro. Che fine ha fatto l’Intesa tra Stato e Chiesa?”

Cappellani militari, Comellini (pdm): Gentiloni s’è piegato davanti alle pretese dei preti con le stellette. Evidenti discriminazioni: nelle Istituzioni ci saranno cappellani di serie A e di serie B

Cappellani militari, Comellini (pdm): Gentiloni s’è piegato davanti alle pretese dei preti con le stellette. Evidenti discriminazioni: nelle Istituzioni ci saranno cappellani di serie A e di serie B.

Roma 10 feb 2018 – Con l’approvazione dello schema di intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze armate il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha, ancora una volta, dimostrato la sua personale debolezza e quella delle Istituzioni italiane difronte alle pretese dell’Ordinario militare e i suoi sodali con le stellette. Il premier evidentemente non sa che oltre a quelli militari ci sono anche i cappellani della Polizia di Stato che svolgono la loro opera secondo le regole previste dal D.P.R. n° 421 del 27 ottobre 1999 con il quale è stata data esecuzione all’intesa sull’assistenza spirituale al personale della Polizia di Stato di religione cattolica perché, altrimenti, sarebbe bastato applicare le stesse regole anche per i cappellani militari. E’ facile, forse non per il premier, comprendere le ragioni per cui ciò non è avvenuto. Mentre gli stipendi dei cappellani militari vanno da un minimo di 2000 euro netti al mese fino agli oltre 9000 del generale di corpo d’armata a cui è equiparato l’Ordinario militare, quelli dei cappellani della Polizia di Stato sono determinati nella media aritmetica, aumentata del sei per cento, tra la misura massima e quella minima del congruo e dignitoso sostentamento assicurato dalla Conferenza episcopale italiana, a termini dell’art. 24, comma 1, della legge 20 maggio 1985, n. 222, ai sacerdoti che svolgono la funzione di parroco. In altre parole il cappellano della polizia percepisce in media 1350 euro al mese. È quindi evidente che l’ignoranza di una parte e l’arroganza dall’altra hanno impedito al premier Gentiloni di vedere l’enorme discriminazione tra sacerdoti dello stesso culto religioso a cui lui stesso ha dato vita con l’approvazione dello schema di intesa per i cappellani militari.

Lettera aperta a Papa Francesco – Incontriamoci, la Chiesa si faccia carico degli stipendi dei cappellani militari

Carissimo Francesco,
Già nel corso della XVI Legislatura del Parlamento Italiano la richiesta di porre a carico della Chiesa cattolica i costi milionari dell’Ordinariato militare, presentata dai parlamentari Radicali, è stata più volte ignorata senza alcuna valida motivazione che potesse superare il dettato normativo vigente. Nessuno dei tanti cittadini di cui oggi mi faccio l’umile portavoce ha mai contestato la presenza dei sacerdoti nell’ambito delle Forze armate ma più semplicemente, semmai, lo “status” con cui essi vi sono presenti: quello militare col rango di ufficiale. Non sono solo il grado da ufficiale e l’aspetto economico che stridono violentemente con quanto hai più volte affermato riferendoti ai posti ed ai simboli di potere occupati dai membri della Chiesa, vi è anche quello squisitamente giuridico e normativo. Non voglio approfittare del tuo tempo, né dello spazio concesso a questa mia lettera, per spiegare qui le ragioni giuridiche che sono alla base della richiesta in parola e che poggiano sull’attenta e costituzionalmente orientata lettura dell’articolo 11, comma 2, dell’Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato Lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121. Non posso però non rilevare che, sull’argomento, le dichiarazioni della Presidenza della Camera, rese nel corso della seduta del 11 dicembre 2012, e poi ancora successivamente, sono apparse strumentali a sostenere non il diritto e la legge ma, illogicamente, il potere e il denaro che caratterizzano l’essere degli alti gradi militari ed è anche vero che nelle parole di don Angelo Frigerio, intervenuto il 5 dicembre 2013 a radio radicale nella rubrica “Cittadini in divisa”, è immediatamente apparsa chiara la reale volontà di cambiamento tesa a restituire i sacerdoti alle loro originarie funzioni: alla Chiesa e non alle armi, non ai gradi e agli onori militari ma ultimi, fra gli ultimi e più fedeli servitori dello Stato: i militari. Così pure nel corso della trasmissione del programma televisivo “Le Iene”, andata in onda il 19 novembre 2013 e poi ancora il 19 novembre 2014, fu proprio lo stesso Ordinario militare, Mons. Santo Marcianò, ad affermare che i cappellani militari per esercitare il loro ministero non hanno bisogno di gradi e denari. Intenzioni che tuttavia non hanno mai trovato riscontro nella realtà dei fatti: i cappellani militari continuano a rivestire i gradi da ufficiale delle forze armate e a percepirne il relativo trattamento economico, fondamentale e accessorio. Santo Padre, nell’interesse della Chiesa e nel rispetto dell’irrinunciabile principio di laicità dello Stato italiano, con l’auspicio un tuo autorevole intervento capace di rendere concrete nei fatti le parole di Mons. Santo Marcianò e del suo Vicario Don Angelo Frigerio, ti chiedo di concedermi udienza e la possibilità di spiegarti le ragioni su cui poggia la richiesta di smilitarizzare l’Ordinariato. Richiesta che anche recentemente è approdata nell’Aula della Camera dei deputati attraverso le iniziative dei parlamentari del Movimento cinque stelle. Sono certo, anche a nome di quanti vi vorrebbero realmente ultimi fra gli ultimi, poveri fra i poveri, che vorrai perdonare la pubblicità e il modo in cui ti rivolgo questa richiesta di incontro. Nell’attesa di una Tua risposta voglio ricordare a me stesso che nonostante la devastante crisi economica abbia da tempo raggiunto il livello di guardia – oltre il quale anche il rischio per la tenuta democratica del Paese sembra apparire sempre più concreto – anche in questo 2017 che volge al termine dalle tasche dei contribuenti sono stati prelevati ben 9.579.962 euro per il pagamento degli stipendi dei 200 cappellani militari e sebbene sia da anni al lavoro una apposita Commissione paritetica tra la Chiesa e lo Stato con il compito di studiare una riforma, dal trionfale annuncio della sua costituzione del marzo del 2015 ad oggi, non è stato prodotto alcun risultato concreto ma anzi, al contrario, la situazione è sensibilmente peggiorata e l’avversione dei cittadini in divisa e della gente comune nei confronti dei membri dell’Ordinariato militare è aumentata, anche a causa dei recenti provvedimenti normativi di riordino delle carriere del personale militare che non escludono i cappellani militari ma, al contrario, rivestendo i gradi degli ufficiali, li promuovono dirigenti dello Stato (con il relativo trattamento economico).
Affettuosi saluti
Roma, 12 settembre 2017

Luca Marco Comellini

Sia lodata la Pinotti, sempre sia lodata! Anche i preti soldato brindano al riordino delle carriere.

Col provvedimento di riordino delle carriere del personale delle forze armate pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale anche i “cappellani militari” hanno potuto stappare la loro bottiglia e brindare in armonia.

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